I lettori della Divina commedia sono abituati a vari tipi di apparati iconografici, immagini che accompagnano il testo e implicitamente lo commentano.
Canto XXXI/3
Le più famose sono senz’altro quelle di Gustave Doré, ma nel corso del Novecento e sino a oggi molti altri sono stati i modi per dare forma alle parole dantesche così intrise di visività, in particolare nell’Inferno.
Le figure di Tom Phillips non vogliono rappresentare didatticamente alcuni versi o alcuni personaggi, ma partono da interpretazioni, spesso di tipo allegorico, per proporci significati profondi e a volte nascosti del poema dantesco. A ciò si aggiunge la sua forte attenzione alla cultura contemporanea, tipica dell’arte pop degli anni Settanta, che viene a interagire con il testo originale, a suo modo ricreandolo: quando vediamo che i giganti antichi del fondo dell’Inferno diventano mostri recenti, come King Kong, capiamo che le paure di un uomo del Trecento e le nostre sono sì diverse, ma presentano tratti comuni, fondamenti biologico-antropologici che sono rimasti stabili. E lo stesso vale per le infinite modalità di espressione dei sentimenti.
Nelle immagini di Phillips troviamo tutto l’universo dantesco. Tuttavia, dobbiamo non tanto aspettarci la potenza michelangiolesca di Doré, bensì essere pronti a cogliere un continuo gioco di sottili allusioni, di rimandi interni tra canto e canto, di triangolazioni fra personaggi: Dante stesso, in primo luogo, in corrispondenza con Virgilio e con Brunetto Latini, suoi maestri ideali o reali ma anche figure di cui in effetti sappiamo pochissimo. Del resto, anche di Dante Alighieri abbiamo creato biografie partendo da scarsi dati sicuri, mentre molte presunte certezze sono solo ipotesi di vecchia data.
Phillips conosce molto bene i tanti problemi relativi alla vita e all’opera dantesche e propone sue interpretazioni condensate in figure originalissime, che risultano ricche di dottrina ma nello stesso tempo non pesanti, perché sempre caratterizzate dall’umorismo e spesso dall’ironia e dalla satira (anche del mondo contemporaneo).
Dietro tutta l’operazione sta l’artista-interprete, Tom Phillips, che rivela la sua presenza attraverso piccoli ma importanti dettagli, in molti casi rivelati attraverso un fondamentale autocommento (qui disponibile in traduzione). Con lui, noi stessi dobbiamo entrare con attenzione nel mondo di Dante, non per esaurirlo ma per interpretarlo sulla base della nostra esperienza: perché ogni lettore può scoprire dettagli essenziali per la comprensione dell’intera opera, e l’Inferno di Phillips ci fornisce tanti stimoli per trovarne di nuovi.
Alberto Casadei